Che cos'è la psicoterapia della Gestalt?

Il qui ed ora sottolinea l’aspetto specificatamente fenomenologico della terapia della Gestalt legandosi più al come che al perché, privilegiando la descrizione dei fenomeni alla loro spiegazione. La fenomenologia sottolinea l’importanza immediata vissuta con il sentire corporeo unico per ognuno. Il come si traduce notoriamente nella postura, nei gesti o micro-movimenti inconsci, nella respirazione e nell’intonazione della voce. Le modalità implicite del comportamento e del discorso prevalgono spesso sul loro contenuto esplicito: Fritz Perls come Lacan, sottolinea una preminenza del significante sul significato. .

Generalmente il lavoro sul qui ed ora non impedisce il riaffiorare dei ricordi, timori o progetti nascosti che emergono spontaneamente nel cliente, consciamente o meno: sono presenti ora nel suo spirito o nel suo cuore e nutrono il suo vissuto attuale. Ciononostante sono forzatamente modulati dal contesto attuale (interno ed esterno del cliente) e non sono mai delle verità storiche pure. Peccano d’ ingenuità, certi Gestaltisti troppo zelanti, che provano a far rimanere a tutti i costi il loro cliente nella “prigione del presente”.

Contrariamente alla strategia psicoanalitica tradizionale non si spingerà il cliente a ricercare i ricordi del passato, ad intraprendere dei “lunghi scavi archeologici”, per usare un’espressione di Perls.

IL PROCESSO
Il terapeuta esattamente come il suo cliente è attento e vigile prima di tutto sui rischi della relazione che si svolge nel “qui ed ora”: Perls amava porre 4 domande fondamentali centrate sul processo in corso:

Cosa senti?
Cosa vuoi fare ora?
Cosa cerchi di evitare?
Cosa ti aspetti da me?
Quest’attenzione costante allo svolgersi della situazione è assai specifica della Gestalt che si interessa volentieri ai fenomeni in superficie attualmente percettibili. Chiaramente accade spesso di tuffarsi dal presente nel passato e dalla figura allo sfondo. Il terapeuta della Gestalt ed il suo cliente sono mobilitati senza sosta in un andare e venire, una navetta (il termine è di Perls), tra il presente ed il passato, tra i fantasmi interni ed i comportamenti esterni, tra l’espressioni non verbali e la parola, tra l’emozione e la presa di coscienza man mano che emergono figure dallo sfondo nel continuum di consapevolezza, nella costruzione e de-costruzione dei Gestaltisti.

LA CONSAPEVOLEZZA
Questa attenzione fluttuante, questa vigilanza deliberata e pre-cosciente intellettuale, emotiva e corporea concentrate sul vissuto intimo (percepito soggettivamente) a livello interiore e sul coinvolgimento esteriore (anch’esso percepito soggettivamente), questa coscienza immediata del presente in tutte le sue dimensioni viene altresì ricercata nello zen buddista (Budda vuol dire risvegliato). Nella Gestalt è definito dalla parola inglese Awareness, difficilmente traducibile in molte lingue. Quando si chiedeva a Perls di sintetizzare la Gestalt in una sola parola, era generalmente quella che evocava, anche se oggi molti Gestaltisti preferiscono la parola “contatto”.

LA FRONTIERA DEL CONTATTO
E’ con queste due parole che inizia l’opera sulla terapia della Gestalt redatta da Goodman nel 1951 a partire dagli appunti di Perls, quest’ultimo le riprenderà ne “La terapia della Gestalt” (pubblicato postumo nel 1973). Lo studio del modo in cui l’essere umano funziona nel suo ambiente è lo studio che passa attraverso la frontiera del contatto tra l’individuo ed il suo ambiente. E’ nella frontiera del contatto che gli avvenimenti psichici hanno luogo. E Goodman precisa: “Questa frontiera dove si situa l’esperienza non separa l’organismo dal suo ambiente, lo contiene e lo protegge allo stesso tempo, tocca l’ambiente. […] La pelle, per esempio, non è che parte dell’organismo; sostanzialmente l’organo di una relazione particolare tra l’organismo ed il suo ambiente.” Così la frontiera appartiene sia all’interno che all’esterno: fa parte di due mondi distinti ma in interrelazione.
La psicologia, dice ancora Goodman, è lo studio delle interrelazioni, inibizioni, o altri accadimenti durante l’aggiustamento creativo. Le perturbazioni del contatto o resistenze possono essere tutte considerate come dei problemi di frontiera: abolizione della demarcazione netta in caso di confluenza eccessiva con l’ambiente, straripamento dal mondo esterno o dal mondo interno con l’introiezione o la proiezione ecc.

CAMPO E SISTEMA 
Durante una seduta di Gestalt una delle parti fondamentali dell’ambiente del cliente è costituita dal terapeuta stesso: con lui si stabilisce il contatto e si svolge il processo di interrelazione con tutti i suoi rischi. Cliente e terapeuta fanno dunque parte del medesimo campo di esperienza, e le attitudini di ciascuno interferiscono con quelle dell’altro. Non si tratta, ben inteso, di un sistema chiuso ma di un sistema aperto: uno scambio permanente con il contesto esterno. Goodman riprende ne la “Terapia della Gestalt” le riflessioni di Kurt Lewin, psicologo Gestaltico fondatore della dinamica di gruppo, ed estrapola il campo sociale dalla teoria del campo elettromagnetico generalizzando dalla fisica di Einstein. La terapia della Gestalt si interessa a ciascuno nel contesto del suo ambiente, facendo attenzione a non isolarlo artificialmente (fa parte di un campo) né a fonderlo in una situazione globale (è specifico).

L’AGGIUSTAMENTO CREATIVO
La salute mentale e sociale si producono con un aggiustamento creativo permanente presso la frontiera del contatto tra l’organismo ed il suo ambiente; notoriamente tra l’individuo, il terapeuta ed il contesto dove si svolge l’interazione. Non si tratta di un semplice aggiustamento adattivo dove l’individuo subisce la legge dell’ambiente adattandosi alle norme sociali condivise dalla maggioranza o comportandosi in modo da essere giudicato “normale”. Non si tratta di una creatività individuale che non tiene conto del contesto ed autorizza ogni fantasia ed eccesso con il semplice pretesto che convengono al cliente. Si tratta di un compromesso che permette ad ognuno di esistere a suo modo, tenendo in considerazione delle norme locali e temporali, di trovare la sua via nel seno di un insieme.

Così la Gestalt si distingue dalle terapie comportamentali con mire normative: in una prospettiva deliberatamente fenomenologica, privilegia il vissuto soggettivo di ciascuno (il suo personale sentire interiore) al comportamento esteriore socialmente percettibile. Ma non si limita alla sola via dei fantasmi intrapsichici, incoraggia la navetta tra interno ed esterno cercando di conciliare l’adattamento sociale e la creatività individuale, la situazione e la sua personale interpretazione, proponendo un ponte tra la scienza e l’arte.

E’ importante ricordare il contesto socio-politico nel quale è nata la Gestalt: Perls, Goodman e qualche altro pioniere degli anni ’50 volevano ad ogni costo distinguersi dall’establishment psicoanalitico americano mostrandosi anticonformisti in un modo volontariamente provocatorio: opinioni anarchiche, comportamento sociale e sessuale molto liberale. Oggi la terapia della Gestalt si è adattata al contesto del post 1968 e si è molto stemperata pur conservando una connotazione liberale “soft”.

IL CICLO DELL’ESPERIENZA
Ogni azione individuale o interazione relazionale si svolge in più fasi , che costituiscono il ciclo dell’esperienza chiamato a seconda degli autori, “ciclo del contatto” o “ciclo della soddisfazione dei bisogni”. Perls e Goodman distinguevano quattro fasi principali: il pre-contatto, la presa di contatto, il contatto pieno ed il post-contatto. Dopo la morte di Perls, diversi autori hanno affinato la sequenza abituale di interrelazione e distinguono da 3 a 7 fasi del ciclo del contatto, per esempio: emergenza o sensazione, presa di coscienza o consapevolezza, eccitazione o mobilitazione dell’energia, contatto e messa in azione, interazione, compimento, ritiro o assimilazione dell’esperienza (Zinker e Katzeff) o ancora: pre-contatto, impegno, disimpegno, assimilazione (Ginger).

Questo ciclo non si svolge sempre in maniera regolare: per Perls e Goodman la patologia è lo studio dei rischi che si corrono durante l’aggiustamento creativo. Perls definisce il nevrotico come una persona che si dedica in modo cronico all’auto-interruzione. Queste perturbazioni del funzionamento dell’Io sono generalmente chiamate resistenze. Esse possono costituire dei meccanismi di difesa appropriati alla situazione o al contrario, dei rigidi blocchi anacronistici che provocano un funzionamento patologico di evitamento del contatto (autentico).

GESTALT INCONCLUSE
Generalmente quando un’azione o un comportamento sono conclusi siamo pronti per una nuova azione: è la successione ininterrotta delle Gestalt, costruzione e decostruzione costituiscono il continuum di consapevolezza di tutte le persone in buona salute mentale e funzionano con una fluidità permanente. Quando il ciclo non si svolge in modo completo, la situazione può rimanere inconclusa e costituire un elemento pre-cosciente di pressione interiore fonte di nevrosi. Così ad esempio, un lavoro interrotto può rimanere nel presente aspettando la prima occasione per concludersi: è l’effetto Zeigarnik,dal nome della psicologa russa Bluma Zeigarnik, che per prima l’ha studiato. Ma in altre situazioni, questa pressione si può trasformare in una tensione psichica lancinante comportando, alla lunga, una nevrosi: un lutto o una separazione mal elaborate, una disoccupazione prolungata, una insoddisfazione sessuale cronica, una ripetuta bocciatura agli esami universitari ecc.

Il lavoro sulle Gestalt inconcluse è un tipico esempio dell’attenzione che la terapia della Gestalt tiene sulle tracce di un passato che vive come un “parassita” nel presente, non si tratta di sbarazzarsi magicamente di un carico interno ingombrante con messe in scena di tipo psicodrammatico ma piuttosto, di integrare questo elemento che “pesa” nella propria vita in un insieme significativo. Costituendo una delle polarità del cliente, alcuni Gestaltisti considerano il transfert come una Gestalt inconclusa: figure genitoriali del passato si interpongono in una relazione attuale, turbandone l’autenticità.

LE RESISTENZE
Le interruzioni o i blocchi nel normale svolgimento del ciclo del contatto costituiscono generalmente una perturbazione della funzione del contatto (con una parte di sé o con un’altra persona). Bisogna sottolineare il fatto che l’inibizione dell’azione (Laborit, 1979) non rappresenta necessariamente una disfunzione: può trattarsi, al contrario, di un meccanismo di difesa o d’urgenza particolarmente ben adattato alla situazione (così come la confluenza con un essere umano fa parte dell’innamoramento e la retroflessione della collera contro un vigile mi può risparmiare una contravvenzione). Solo i meccanismi anacronistici, rigidi o ripetitivi si traducono in funzionamento patologico: devono essere individuati in un primo momento, ammorbiditi o trasformati nel corso della terapia. In Gestalt la parola “resistenza” è utilizzata con un significato differente da quello psicoanalitico (dove designa una resistenza al trattamento) e non ha necessariamente un significato negativo.

L’OMEOSTASI
Perls riprende la credenza ottimista e roussoniana ad un’autoregolazione soddisfacente dell’organismo. In quest’epoca in cui si fanno trapianti d’organi ed esiste l’aids, l’adeguamento sistematico delle difese naturali è stato in qualche modo rimesso in discussione anche se il tema dell’omeostasi non è più così in “figura” per i terapeuti della Gestalt contemporanei. Ciononostante dimora implicitamente il postulato, largamente sviluppato dalla corrente psicologica umanista, secondo la quale ogni individuo possiede in sé tutto il potenziale di cui può aver bisogno. Questo concetto si ritrova oggi nella cosiddetta “medicina alternativa” (agopuntura, omeopatia, naturopatia ecc.). Certi Gestaltisti estrapolano questo principio e considerano che esistono degli equilibri energetici che oltrepassano l’individuo (transpersonali) e permettono il mantenimento di un’armonia cosmica generale (sviluppo e limitazione spontanea delle specie ecc..).

LA RESPONSABILITA’
Perls attribuisce molta importanza alla responsabilità di ciascuno e la sua terapia ha come obbiettivo l’autosupporto, l’autonomia della condotta e delle decisioni. La Gestalt è molto attenta ad evitare tutte le alienazioni del paziente. In questo modo il terapeuta non rimane distante e bloccato nell’attitudine enigmatica di colui che “suppone di sapere”. La condivisione con il suo cliente, il suo sentire, il suo chiedere è lo sfruttamento terapeutico del contro-transfert. Il cliente non è un paziente passivo che subisce un trattamento in parte “esoterico” ma un cliente che chiede un “coterapeuta” attivo nel suo trattamento . In questo modo la terapia evita di mantenere il cliente in una nevrosi da transfert di tipo psicanalitico che gli faccia rivivere la sua dipendenza infantile. I fenomeni transferenziali sono generalmente individuati e sfruttati per evitare un’alienazione duratura e favorire la presa di responsabilità. E’ una delle ragioni per le quali la psicoterapia si limita spesso ad una seduta settimanale (per evitare un’eccessiva dipendenza). Perls ed i suoi contemporanei condannano la formula “non posso”, proponendo di sostituirla con “non voglio” sottolineando la responsabilità di ciascuno nel proprio comportamento.

LA SPERIMENTAZIONE
Alla paziente ricerca delle cause passate dei problemi, Perls sostituisce la ricerca sperimentale delle soluzioni: non si tratta di un “sapere il perché” ma di un “sperimentare come” attraverso delle eventuali messe in scena metaforiche. La “messa in scena” favorisce la presa di coscienza, la consapevolezza attraverso un’ azione tangibile ripresentata e sperimentata in tutte le “polarità”. Essa si oppone così al “ passaggio all’atto” impulsivo o difensivo denunciato a giusto titolo dalla psicanalisi sostituendo all’azione l’analisi verbale . L’esperienza permette di assaporare prima di mandare giù, di lottare contro le ingiunzioni genitoriali o sociali (bisogna, si deve) evitando di nutrire le introiezioni che paralizzano la nostra spontaneità e impediscono la nostra originalità.

Oggi la formazione incoraggia ogni futuro terapeuta a ricercare il suo stile specifico sperimentando diverse attitudini conformi al suo modo di essere unico. Non si tratta di ricercare un’ortodossia astratta attraverso delle tecniche sperimentate ( Gestalt fisse) ma di creare un proprio approccio attraverso ricerche sperimentali nel rispetto dei principi fondamentali del metodo . In questo modo ogni Gestaltista ha sviluppato il suo stile personale, è per questo motivo che prima di scegliere uno psicoterapeuta è consigliabile di incontrarne diversi al fine di “sentire” quello più adatto a voi.

IL DIRITTO ALLA DIFFERENZA E ALL’ORIGINALITA’ DI CIASCUNO
La Gestalt sottolinea il diritto alla differenza e valorizza la specificità di ognuno in un’ ottica esistenzialista e anticonformista. I Gestaltisti contemporanei non sono più dei militanti anarchici, come furono Perls e Goodman ma hanno mantenuto il culto dell’espressione libera di ciascuno, del rispetto vigile dei ritmi e dei bisogni diversi dei loro clienti, della crescita specifica di ogni essere umano che conserva il suo spazio di libertà malgrado i condizionamenti storico-geografici, del suo passato e del suo ambiente. … Il rispetto del funzionamento psichico di ognuno è una delle pietre miliari dell’approccio Gestaltico, si ritrova nel lavoro con i sogni dove ogni riferimento sistematico ad un riferimento archetipico generale (chiave dei sogni) è fermamente bandito.

L’ATTITUDINE DELLA “SIMPATIA” (empatia)
Il terapeuta della Gestalt è un accompagnatore attento che condivide con il suo cliente le incertezze e le gioie delle scoperte successive ad una “spedizione avventurosa” sul territorio originale e sconosciuto di ogni nuovo cliente. Il terapeuta Gestaltico non si presenta come qualcuno che conosce prima le mappe delle regioni psichiche di ognuno, non si rifugia in un’attitudine di ritiro neutro né benevolo (Freud), non è tenuto ad accompagnare il suo cliente ovunque in una “accettazione incondizionata” (Rogers) dei suoi comportamenti eccessivi o dei suoi evitamenti ripetitivi. E’ un compagno di viaggio che partecipa attivamente al cammino interiore del cliente, evoca all’occorrenza le sue sensazioni ed impressioni, le sue sorprese, le sue soddisfazioni; è attento all’effetto prodotto da questa condivisione nel suo compagno di viaggio in ogni momento

E’ l’attitudine detta della “simpatia”che Perls oppone all’ a-patia psicoanalitica e all’ em-patia Rogersiana (il terapeuta è là di fronte a me, non è né altrove in un mondo di sapere teorico né al mio posto, usurpando le mie emozioni; resta sé stesso in relazione con me, in uno scambio da persona a persona in un dialogo autentico a due, in un Io-Tu. Buber 1923). Il cuore stesso della terapia è costituito dall’analisi costante di ciò che accade oggi tra il cliente e il terapeuta presso la frontiera del contatto. La frequente condivisione del sentire personale del praticante in Gestalt , lo sfruttamento deliberato del suo vissuto contro transferale, in risonanza al dire o fare del cliente è uno strumento particolare della terapia Gestaltica. Perls l’utilizza volentieri in una provocazione mobilizzatrice molto diretta, mentre i terapeuti contemporanei, coscienti dei rischi degli eccessi di spontaneità , tanto aggressiva che affettiva, filtrano attentamente l’espressione del loro contro-transfert che analizzano approfonditamente durante le sedute di supervisione. In questo modo il terapeuta non dice e non mostra tutto quello che sente pur sfruttando al massimo e condividendo ciò che ritiene utile al progresso della terapia.

L’APPROCCIO OLISTICO ALL’UOMO
Questo dialogo cliente-terapeuta-cliente utilizza tutti i linguaggi disponibili: la parola, la postura, tutti i gesti e i microgesti semi-coscienti, le emozioni esplicite o implicite. La regola fondamentale psicoanalitica di “dire tutto” si è estesa non ad un “fare tutto” selvaggio e incontrollato ma ad un “esprimere tutto” attraverso canali differenziati: movimenti del corpo, eventuale contatto corporeo (raro in terapia individuale ma abituale in quella di gruppo), l’espressione emotiva (lacrime, grida, collera), il linguaggio artistico (disegno, lavoro con la creta, scultura ecc.) l’utilizzo di cornici (sfruttamento metaforico di vari oggetti). Le associazioni operano liberamente secondo le modalità preferite di ciascuno in un dato momento: dal corpo all’emozione, dall’emozione al linguaggio verbale, dal linguaggio verbale all’interazione sociale, e viceversa. L’uomo è valutato nella sua globalità, nell’interazione sistemica delle sue cinque dimensioni principali: fisica, affettiva, razionale, sociale e spirituale.

LE POLARITA’ COMPLEMENTARI
L’equilibrio di ogni essere vivente è una combinazione di meccanismi di sopravvivenza che assicurano il cambiamento nella continuità. Come il funambolo che trova l’equilibrio nel movimento, aiutato dal bilanciere, il Gestaltista affronta la nuova esperienza attraverso l’esplorazione degli estremi opposti ma complementari: introiezione-proiezione; adattamento-creazione; sottomissione-rivoluzione, introversione-estroversione, ecc… Non si tratta di approfondire ogni scelta nell’illusorio tentativo di scegliere la migliore ma al contrario di assaporare l’inesauribile ricchezza delle possibilità. Perls era affezionato al lavoro sulle polarità, noto anche come tecnica del monogramma con inversione dei ruoli, variante dello psicodramma di Moreno dove il cliente recita alternativamente differenti personaggi. Il mondo non è bipolare ma multipolare e nella realtà psicologica esistono un’infinità di contrari ad ogni situazione.

IMPLICAZIONE EMOZIONALE E CORPOREA
Il gioco delle polarità complementari può essere simbolizzato dalla cooperazione tra gli emisferi del nostro cervello. Oggi sappiamo che , contrariamente ad una idea molto diffusa, l’emisfero sinistro, analitico, razionale e verbale non è dominante ma è sotto il controllo dell’emisfero destro, sintetico, emozionale, immaginativo e non verbale. Fritz Perls aveva intuito ciò quando ci esortava alla rivoluzione: “Lose your head, come to your senses!” (Abbandona la testa, entra nei tuoi sensi). Sappiamo anche che questo emisfero destro sensibile non è femminile, come si è per lungo tempo pensato, bensì maschile (legato al testosterone). I nostri due emisferi sono complementari, come l’emozione e la ragione . Laura Perls , psicoterapeuta, musicista e danzatrice sottolineava che il “il lavoro sul corpo è parte integrante della Gestalt”, non disdegnava il contatto fisico, toccava volentieri i suoi clienti e si lasciava toccare.

Oggi, i praticanti sono divisi a seconda della loro personalità tra le opzioni filosofiche e tecniche e la loro formazione iniziale. Alcuni si limitano ad evocare attraverso le parole le reazioni corporee del cliente mentre altri influenzati da un movimento neo.reichiano (Wiliam Reich) accompagnano il cliente incitandolo ad utilizzare il suo corpo, ad incarnare le sue emozioni, a sperimentare un corpo a corpo terapeutico. Il dibattito rimane aperto sui vantaggi ed i limiti dell’implicazione corporea del cliente e del terapeuta. Il lavoro sul corpo è più semplice in una situazione di gruppo piuttosto che in terapia individuale dove con facilità potrebbe risultare ambiguo. Per questo motivo i contatti corporei in terapia individuale sono rari e limitati. Naturalmente il terapeuta deve essere certo di poter controllare la sua implicazione e limitarla a ciò che può giovare al suo cliente. Il lavoro sul corpo è accettabile solo nel rispetto di una cornice deontologica rigorosa pena uno slittamento pregiudizievole sia alla terapia del cliente che all’immagine sociale del terapeuta che a quella della Gestalt in generale.

L’AGGRESSIVITA’
Perls come Konrad Lorenz (celebre etologo tedesco che ha studiato il comportamento animale in libertà) considera l’aggressività come una “pulsione di vita” esattamente come la sessualità. Promuove lo sviluppo armonioso e responsabile di entrambe sottolineando la loro funzione di sopravvivenza dell’individuo e della specie. Per lui come per Melanine Klein., psicoanalista infantile inglese, si tratta di pulsioni arcaiche che compaiono nello stadio orale: è attraverso l’aggressione che si assimila l’ambiente. Per tutta la vita l’uomo continua ad aggredire per progredire : l’aria che respira, il nutrimento che mastica, distrugge, inghiotte e digerisce. Oggi i Gestaltisti valorizzano l’aggressività vitale e non esitano ad utilizzare la provocazione o il confronto terapeutico per mobilizzare le risorse energetiche del cliente evitando così la super-protezione alienante di un terapeuta troppo “materno” e la frustrazione eccessiva o prolungata di un terapeuta distante, che non risponde mai alle sollecitazioni, due atteggiamenti che possono scoraggiare il paziente e provocare un sentimento di abbandono o di passività. Restano così fedeli all’etimologia del termine dato che ad-gressere significa “andare incontro all’altro” come pro-gressere (progredire, andare in avanti) opponendosi così a re-gressere (regredire, andare indietro).

LA CREATIVITA’ E L’IMMAGINAZIONE
In fin dei conti, tra i principi fondamentali della terapia della Gestalt, la maggior parte trattano la libertà di essere sé stessi e di esprimersi in una forma attiva e creativa, lasciando le parole al linguaggio simbolico e metaforico dell’emisfero destro. Il terapeuta diviene così un interprete del simbolo unificatore, si oppone così alle forze diaboliche distruttrici e separatrici. L’aspetto creativo della Gestalt è stato sottolineato dai precursori e dai pionieri (Otto Rank, Ferenczi, Goodman, Zinker) e non ha mai perso importanza. La Gestalt è tutt’oggi orgogliosa di essere più un’arte che una scienza.

L’INDIVIDUO NEL GRUPPO
La valorizzazione dell’originalità esistenziale e della creatività di ogni essere umano si comprende pienamente quando ci si confronta con gli altri. Quando si pratica in un gruppo terapeutico la Gestalt non mira ad integrare un individuo in un sottogruppo sociale bensì a permettergli di definire al meglio la sua specificità. Così la Gestalt non si presenta come una terapia di gruppo ma piuttosto come una terapia individuale in gruppo (Anne Peyron-Ginger, 1990) I partecipanti sono testimoni del lavoro individuale di ciascuno: intervengono solo su richiesta del terapeuta o del cliente e nell’eventuale “feedback” parlano di sé stessi e non della loro interpretazione dell’altro. Il gruppo diventa così una sorta di cassa di risonanza della problematica individuale aiutandola a definirla con maggiore chiarezza piuttosto che a drammatizzarla. I Gestaltici odierni lavorano generalmente in:

Terapia individuale in situazione duale (una seduta settimanale per più anni)
Terapia individuale in situazione di gruppo ( una sera la settimana o un weekend al mese per uno o due anni)
ma dato che “la Gestalt è troppo buona per essere riservata solo ai malati” (Perls) molti Gestaltisti organizzano gruppi sul potenziamento delle risorse personali (maratone Gestaltiche una o più volte l’anno). Altri ancora utilizzano la Gestalt come metodo nella pratica psicologica, pedagogica o sociale (istituzioni per ragazzi disadattati o negli ospedali psichiatrici) così come nelle imprese del settore industriale o commerciale, come formatori o consulenti

BIBLIOGRAFIA:
  • Ginger S., 1995, “La Gestalt . L’art du contact. Nouvelle approche optimiste des rapports humains”, Marabout
  • Quattrini G.P., 1991, “Manuale di psicoterapia ad uso del paziente. Ovvero come scegliersi l’analista. Dialoghi con Cristina.”- Qui ed Ora rivista di Gestalt registrazione del Tribunale di Cagliari 6/91 del 22/02/1991.
  • Quattrini G.P., 2003,“La Gestalt nella scuola di formazione di Firenze” in IN FORMAZIONE PSICOTERAPIA COUSELLING FENOMENOLOGIA – Fenomenologia e Gestalt. Forme dell’intenzione. Atti del Congresso- N.1/2003.
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